Irene Guidobaldi, non rappresenta soltanto l’ottava generazione ulivicoltrice della famiglia al timone della produzione dell’olio extravergine d’oliva Flaminio D.O.P. Umbria della Città di Trevi, ma soprattutto è l’esempio di forza e tenacia nella diffusione e nella comunicazione dell’olio extravergine di qualità della sua terra natìa nelle migliori ristorazioni italiane e nelle più eleganti botteghe del gusto sul territorio nazionale ed estero.
La straordinarietà è che riesce a personificare la cultura dell’olio evo in Italia con grande passione e umiltà, facendo avvicinare al proprio prodotto, in modo del tutto naturale e genuino, chef e consumatori raccontando sé stessa e l’impegno della sua azienda di famiglia, di papà Angelo e del fratello Ernesto, che a questa maestria hanno dedicato anni, stagioni su stagioni, di amore incondizionato per la propria terra.
Una terra dal fascino austero, Trevi, un lembo di arte, natura e storia“disegnato” dalle distese di ulivo che si estendono nella vallata tra Assisi e Spoleto.
Un cittadella arroccata, elegante e silenziosa, dagli squarci improvvisi di un’umanità quasi perduta e di antiche tradizioni conservate inalterate nel tempo.
Un ulivo plurimillenario, quello di San Emiliano, che con le sue fronde, come ali, protegge la città e i suoi abitanti, e ricorda che Trevi è la città che nei secoli passati forniva l’oro verde ai Papi e che il suo talento era riconosciuto in tutto il suo territorio.
Una città che racconta di santi e martiri e dove la produzione di olio extravergine d’oliva non è solo leggenda ma storia di un territorio fecondo.
Un’azienda, quella dei Guidobaldi, che si estende per 250 ettari di uliveti in cultivar di moraiolo, (80% della produzione), frantoio e leccino.
Un’intera collina fastellata di ulivi che si susseguono in modo ordinato come la trama di un merletto.
Non è stato facile per Irene emergere in una tradizione olivicola che è solita tramandare sé stessa soprattutto al maschile, ma l’intuizione, la caparbia e la sensibilità femminile hanno portato a segno il progetto Flaminio: una linea di oli extravergine d’oliva top quality dedicati alla ristorazione e ad un pubblico gourmet.
Gli oli evo Flaminio D.O.P. Umbria, Fruttato e Delicato, accompagnano piatti di noti Chef come Cristina Bowerman o Antonello Colonna fino ad essere presenti in ristorazioni dall’appeal contemporaneo come la forchetta Bistrot a Perugia, o il ristorante Brado a Roma, e, sempre nella capitale, la Ciambella Bar a Vin con Cucina e La Santeria Pizzicheria_bistrot.
La linea Flaminio sono oli evo dal profumo delicato di oliva e dal gusto armonioso dove l’amaro e il piccante sono sempre ben bilanciati e lasciano un palato pulito e “rotondo”senza eccessi.
Ho il privilegio di visitare anche l’azienda: uno spazio che è testimone della professionalità e della storia di generazioni della famiglia Guidobaldi.
All’ingresso si estende la zona espositiva dei prodotti e la zona di accoglienza per l’assaggio degli oli : oltre gli oli extravergine d’oliva anche una selezione di legumi umbri, tra cui il farro perlato, ceci e lenticchie, paste di semola e all’uovo, patè e sottoli .
Nel cuore della costruzione, invece, si comincia a snodare il percorso della storia dell’azienda e della produzione dell’extravergine d’oliva.
Due vetrine racchiudono oggetti del passato che testimoniano l’utilizzo dell’olio evo dall’antichità fino al secolo scorso.
Lucerne, attrezzi di “pesatura” delle olive, lavatrici automatiche, orci, dosatori in centilitri per l’olio evo che veniva utilizzato con finalità curative, fino ai filtri in cotone per la decantazione o macchinari per l’imbottigliamento.
Proseguendo, tutto a vista, come in uno scenario teatrale si apre, ai piedi del visitatore, l’area dedicata al Frantoio vero e proprio.
Uno spazio concepito con estrema professionalità e cura: dallo scambiatore di calore, per garantire una vera spremitura a freddo delle olive, fino ai sistemi per il filtraggio e la conservazione in cisterne sottoazoto.
L’azienda Guidobaldi è raziocinio, metodo, volontà a perseguire l’eccellenza. Eppure, oltre la tecnologia, ciò che rende vivi quegli spazi sono le parole e gli oggetti che testimoniamo la storia, il “vissuto”.
“Cosa vorresti per la tua azienda, il tuo territorio, in un futuro prossimo?” chiedo ad Irene mentre osserviamo intorno a noi quegli oggetti così carichi di significato, testimoni della storia di una famiglia da generazioni di olivicoltori e frantoiani.
Irene mi guarda, riflette, sorride in modo deciso: “ Vorrei che i produttori umbri fossero più uniti nella diffusione dell’olio extravergine di qualità, che rompessero l’eleganza del volersi farsi svelare con un piglio più moderno, più attuale, più proattivo e corale, come hanno fatto e continuano a fare i toscani, che dal mio punto di vista sono eccellenti nella fase produttiva e anche nella fase successiva di diffusione dei loro prodotti che seguono in modo partecipativo e collaborativo.”
Eppure, le terre d’Umbria sono state, endemicamente nei secoli, terre dal fascino austero, luoghi di silenzi da scoprire, di contemplazioni e di misteri, di Santi e di preghiera, dove la natura, la storia e l’arte raccontano reciprocamente le une alle altre. Forse è una terra che ha bisogno di essere rivelata più che tesa a rivelarsi.
C’è un vento insistente mentre camminiamo risalendo la seconda cinta muraria della città: Irene mi indica la collina dove si estendono i suoi uliveti. Mi fermo ad ammirare il paesaggio, che quasi appare sfumato come dal tratto pittorico leonardesco.
Solo il vento accompagna quel quadro che racconta se stesso, insieme ai rintocchi della campana della Basilica di Sant’Emiliano. E tutto intorno è pace.